LA MOTIVAZIONE NEL LAVORO Diverse discipline hanno preso in considerazione il concetto di motivazione per ricercare i "motivi" che orientano e che determinano l'azione. In ambito psicologico autori come G. W. Allport, A. H. Maslow, H. A. Murray, K. Lewin, H. S. Sullivan, E. Fromm, L. Binswanger ed altri, hanno esposto le loro teorie sulla motivazione nei termini di soddisfacimento di bisogni sia primari che secondari, sia quindi, di bisogni fisiologici che di "achievement" (o di autorealizzazione), considerando anche dinamica motivazionale. La psicologia del lavoro si occupa delle attività dei lavoratori e della misura in cui essi svolgono efficacemente le prestazioni e quanta soddisfazione traggono dalle stesse. In questo particolare ambito della psicologia, con il termine motivazione si indica la misura dell'impegno svolto dal soggetto nell'attività lavorativa, per ottenere un certo livello di soddisfazioni intrinseche ed estrinseche che si ripercuotono sia sulla quantità che sulla qualità del prodotto, sia sul livello di stress da lavoro. La psicologia del lavoro, ha quindi esteso il significato stesso del termine motivazione ed ha introdotto, così il costrutto di coinvolgimento al lavoro o meglio di "Job Involvement". Tra i tanti interrogativi che si sono posti, molti riguardano il successo e la ricerca di una spiegazione al perché alcuni individui risultano essere più portati alla riuscita professionale rispetto ad altri. Si è pensato che la realizzazione, in ambito lavorativo, è spesso legata alla motivazione giustificando così le azioni di coloro che investono la maggior parte delle proprie energie nella riuscita lavorativa e quelle di coloro che invece preferiscono incanalare le risorse personali in qualcos'altro che comunque li motiva nella direzione di un qualsiasi altro obiettivo. Tra le varie ricerche volte ad esaminare il significato che gli individui attribuiscono al lavoro e su come le persone si relazionano ad esso, il "Job Involvement" rappresenta una importante unità di misura. Per questo motivo tale costrutto è stato preso in considerazione da personalità autorevoli della psicologia quali, per citare solo alcuni tra i nomi più famosi, McGregor (1944), Allport (1947) e sociologi come ad esempio Dubin (1958, 1961). E' facile trovare, quindi, in letteratura teorie ruotanti intorno al costrutto di "Job Involvement" ma tra le tante definizioni la più ricorrente è quella riconducibile a Lodahl e Kejner (1965). Questi due autori si sono interrogati sulla misura in cui il lavoro potesse prendere parte dell'immagine che ognuno ha della propria persona. In altre parole, il "Job Involvement", si riferisce, non tanto al termine di motivazione in quanto tale, così come è stato considerato dalla psicologia tradizionale, ma si riferisce al grado di identificazione da parte della persona nei confronti del lavoro che svolge e quanto essa investe per la realizzazione di se stessa nel senso di accrescere la propria autostima. Lodahl e Kejner hanno creato e sottoposto a validità, la scala di misura del "Job Involvement", partendo da specifici criteri generativi quali: 1. senso del dovere, 2. disponibilità al sacrificio, 3. credenze nei valori intrinseci legati al lavoro, 4. centralità ed importanza attribuita al lavoro nel contesto di vita, 5. qualità delle prestazioni messe in atto per aumentare la stima nei confronti di se stessi. ... La maturazione umana e lavorativa dei dipendenti e collaboratori influisce sulla Motivazione nel Lavoro, sulle loro aspettative e, in definitiva, sul rendimento lavorativo. Conoscere le loro Motivazioni nel Lavoro è un imprescindibile strumento di supporto nella Leadership.
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